Lo scorso mese Lavinia ha presentato Il
ladro di nebbia nelle
Librerie Giunti al Punto, e in questo tour ha chiesto alle tante persone che ha incontrato di lasciarle dei ricordi.
In molti hanno partecipato, insieme a tutti quelli che hanno lasciato il loro ricordo su questo sito.
Questo è il racconto nato da uno di quei ricordi.
C’è una domanda che mi seguiva ovunque andassi.
Che cos’è un ladro di nebbia?
Me lo hanno chiesto per telefono, in radio, dietro il tavolo sbilenco di una libreria poco illuminata. Quella domanda si è imbarcata con me su un aereo, ha sferraglito in mia compagnia sulle rotaie del nord-est, si è attaccata alla mia ombra, che a causa sua si è allungata di qualche centimetro e appesantita di qualche grammo.
Adesso posso svelare che questa domanda me la pongo da dieci anni, dal momento in cui creai Tirnaìl e Antonio Fonte. E senza vergogna ammetto che una risposta l’ho trovata solo in queste ultime settimane. D’altra parte la verità richiede un tributo: il nostro tempo.
Per due lunghi week end me ne sono andata in giro con una scatola in cui la gente più coraggiosa doveva lasciare i propri ricordi. E sono giunta a tre conclusioni.
Uno: in questo Paese ci sono più uomini e donne coraggiosi di quanto crediamo.
Due: in questo Paese (ma posso anche generalizzare, allargando questo fattore all’intero pianeta e, una volta che verranno attestate forme di vita aliene, all’intero universo) si ha tanta paura di dimenticare e di essere dimenticati. Ed è la paura più giusta che si possa avere: è un nostro sacrosanto diritto temere quel momento del futuro in cui (citando David Eaglman) qualcuno, da qualche parte, pronuncerà il nostro nome per l’ultima volta.
Tre: ho rubato e ruberò le vostre storie. Io sono una ladra di nebbia.